Molti anni fa scrissi diversi articoli concernenti l’argomento della mediazione linguistica e soprattutto interculturale sottolineando il fatto stesso che questa materia apparentemente semplice riveste un importanza fondamentale per un vivere civile e dignitoso tra le persone provenienti da diverse aree geografiche culturali e religiose. Misi in particolare l’accento su due concetti fondamentali: La prima sul valore della Convivenza, meglio della coabitazione che dia a ciascuna persona il suo giusto respiro culturale e sociale. Cioè la comprensione della sua cosiddetta identità.Ossia una dimensione di spazio vitale fatto di ascolto, di attenzione e di accompagnamento all’ouverture verso la molteplice pluralità delle identità. Ossia che nessuno debba mai sentirsi soffocato, oppresso, compresso, ma libero e vitale in ogni senso. Solo in questo modo è probabile aspettarsi dei contributi neccessari da ciascuno.
Il secondo accento nelle mie riflessioni lo posi sulla necessità di nuna forte e rigorosa preparazione dei mediatori e mediatrici che non debbano solo limitarsi a raccontare le storie e le geografie dei paesi di origine delle persone per le quali la loro presenza viene richiesta. Ma che il mediatore deve essere e sentirsi innanzittutto un cittadino della società, cioè essere in abbraccio con i valori, gli ideali, le regole fondanti della società. In questo caso della società italiana ed europea. Purché la Mediazione Interculturale è un azione didattica e didascalica di cittadinanza responsabile, è bene che che intraprende questo percorso come mediatore sia ben consapevole che non è un atto di improvvisazione né di invenzione del momento né uno scherzo, ma piuttosto un percorso che richiede un serio studio una approndita conoscenza di una nazione nelle sue storie e costituzioni, una ricerca e una ponderosa formazione continua su tutti i temi di attualità. In breve il mediatore deve prepararsi, formarsi, studiare continuamente per impadronirsi dei saperi dai piu’ complessi come le costituzioni, le normative, i decreti e le circolari in materia civile e penale, che quelli piu’ semplici che condiscono lo stare insieme delle persone. Della Mediazione come Azione di Cittadinanza civile ne ho fatto un argomento di un anno di docenza ai miei studenti di Verona e della Provincia Autonoma di Trento. E’ passato un po’ di tempo.
Ma alla luce dei drammatici eventi del momento a partire dagli attentati di Paris del 7 e 9 gennaio alla libertà di espressione con l’uccisione a Charlie Hebdo e Iper kasher e di ieri 14 febbraio a Copenaghen ad opera di giovani immigrati della seconda generazione, rimango fermamente coinvinto della necessità e dell’urgenza di riprendere seriamente, senza tentennamenti e senza inerzia la grande questione della MEDIAZIONE LINGUISTICO-INTERCULTURALE non solo per comprendere le dinamiche e le geografie e storie delle seconde generazioni, quanto come uno strumento per sciogliere dei nodi, dei problemi che in fin dei conti sono dei conflitti sommersi. Conflitti di tipo identitario piuttosto combattuti ma non sciolti e che a lungo andare si trasformano in frustrazioni portando questi giovani, figli di immigrati nati in Europa a cercare soluzioni ai loro problemi altrove diventando perfino degli addetti al terrore purtroppo. Mi meraviglio molto del fatto che i media, i governanti e i politici non si pongano questi interrogativi. Non ci si chiede come mai questi giovani si fanno facilmente reclutare dai fantomatici “salvatori” dello stato islamico. Perché proprio questi giovani che purtroppo si isolano nelle periferie delle aree metropolitane si entusiasmano degli appelli di questi killers? Già, sono dei giovani nati in Europa, figli di immigrati che vivono ai margini, cioè nelle zone periferiche (spesso sprovviste del necessario indispensabile per un istruzione scolatica adeguata e per un educazione ai valori ed ideali sanciti dalle costituzioni europee come centri studi, biblioteche, sale lettura, sala laboratori artistici e culturali, sale ricreative ecc.. Le domande sarebbero infinite riguardo queste tragedie del nostro tempo. Ma quello che io ho potuto cogliere tenendo conto delle mie lunghe esperienze come mediatore e docente di tecniche di mediazione di conflitto e di comunicazione nelle scuole, nei sindacati dei lavoratori e presso centri di accoglienza rifugiati e nelle Istituzioni si limita a questa semplice considerazione: TANT VAUT LA CULTURE, TANT VAUT LA NATION. In questo senso la cultura a cui devono necessariamente accedere in modo sostanzioso i ragazzi della seconda e terza generazione non è quella nozionistica, ma quella basata sulla conoscenza delle regole fondamentali della convivenza civile, ossia principi, gli ideali che hanno fondato costituzionalmente la società europea e continuano a dare il senso di cittadinanza ad ogni membro di questa comunità. L’appello alla repressione e alle armi contro gli sciagurati terroristi servono, ma non bastano. Occorre inescare un meccanismo nuovo. Insegnare, educare le persone e i giovani in particolare alla Memoria delle nazioni europee dove ci si viene a trovare o a nascere, ma che sia la memoria fatta di geografie e storie culturali, ma degli Archè, principi, ideali conquistati a cari prezzi (Vedi la Rivoluzione Francese, le costituzioni postbelliche, il maggio’ 68). In questa maniera si passano a questi ragazzi sottraendoli agli abbracci crimonogeni e mortali dell’is e dei terroristi dell’Is e del boko haram, il gusto, la passione e la fierezza di appartenere ad un paese europeo (con i suoi alti, bassi e contraddizioni) di cui sono cittadini alla stregua di tutti gli altri. Naturalmente bisogna che questi valori della Libertà di espressione, di pensiero, di stampa, della fratellanza universale e della uguaglianza (Liberté, Egalità e Fraternité) e i personaggicome Voltaire, Didérot ecc… grazie ai quali l’affermazione di tali valori siano stati consolidati nei secoli facciano parte del bagaglio culturale personale del mediatore interculturale/mediatrici perché ne possa parlare (possibilmente in tante lingue se si è poliglotta) con forte convinzione e autorevolezza necessaria, bisogna che essi siano altresi’ alla base dell’agire dei governanti e dei dirigenti di questi paesi (anche nel mondo della scuola e delle università). Se per un motivo o l’altro si continua a tagliare delle risorse al mondo della cultura, della formazione, dell’educazione e a ridurre il ruolo della mediazione linguistico interculturale a qualcosa di superfluo ed inutile si continuerà ad avere giovani che non si sentono nessuno e dunque autorizzati alla ricerca delle loro identità altrove, poi diventare quelli che sono agli di tutti oggi, cioè criminali formati per distruggere e disintegrare le sorti delle nazioni che prima gli ha anche riconosciuto il diritto alla cittadinanza. Che beffa!
Per inciso le mie molteplici esperienze in questi anni in campo della Mediazione mi hanno insegnato molte cose a riguardo. Proprio per questo mi sono messo davanti al computer per formulare queste due righe. Il tempo urgente. Faccio un appello alle Istituzioni e ai centri formativi e scolastici perché ritornino a richiamare la Mediazione come formazione didattica ad una presa di coscienza civile e vigile dei ragazzi dei valori cardini dell’intera società europea in cui vivono e nelle quali possono maturare le loro personalità ed acquisire cpacità e competenze da spendersi durante l’esistenza da uomini/donne e da cittadini senza dover abbracciare le armi con le ombre del terrore. Qui va di mezzo la dignità di un singolo cittadino e l’orgoglio di una nazione che debba saper effondere questa cultura della consapevolezza dei suoi valori costituitivi fondata sul rispetto e sulla Libertà e sulla laicità come spazio che tutela e garantisce ogni abitante del suo territorio. Abdicare a questo significa per una nazione, rinnegare alla propria essenza.
Molti anni fa scrissi diversi articoli concernenti l’argomento della mediazione linguistica e soprattutto interculturale sottolineando il fatto stesso che questa materia apparentemente semplice riveste un importanza fondamentale per un vivere civile e dignitoso tra le persone provenienti da diverse aree geografiche culturali e religiose. Misi in particolare l’accento su due concetti fondamentali: La prima sul valore della Convivenza, meglio della coabitazione che dia a ciascuna persona il suo giusto respiro culturale e sociale. Cioè la comprensione della sua cosiddetta identità.Ossia una dimensione di spazio vitale fatto di ascolto, di attenzione e di accompagnamento all’ouverture verso la molteplice pluralità delle identità. Ossia che nessuno debba mai sentirsi soffocato, oppresso, compresso, ma libero e vitale in ogni senso. Solo in questo modo è probabile aspettarsi dei contributi neccessari da ciascuno.
Il secondo accento nelle mie riflessioni lo posi sulla necessità di nuna forte e rigorosa preparazione dei mediatori e mediatrici che non debbano solo limitarsi a raccontare le storie e le geografie dei paesi di origine delle persone per le quali la loro presenza viene richiesta. Ma che il mediatore deve essere e sentirsi innanzittutto un cittadino della società, cioè essere in abbraccio con i valori, gli ideali, le regole fondanti della società. In questo caso della società italiana ed europea. Purché la Mediazione Interculturale è un azione didattica e didascalica di cittadinanza responsabile, è bene che che intraprende questo percorso come mediatore sia ben consapevole che non è un atto di improvvisazione né di invenzione del momento né uno scherzo, ma piuttosto un percorso che richiede un serio studio una approndita conoscenza di una nazione nelle sue storie e costituzioni, una ricerca e una ponderosa formazione continua su tutti i temi di attualità. In breve il mediatore deve preparsi, formarsi, studiare continuamente per impadronirsi dei saperi dai piu’ complessi come le costituzioni, le normative, i decreti e le circolari in materia civile e penale, che quelli piu’ semplici che condiscono lo stare insieme delle persone. Della Mediazione come Azione di Cittadinanza civile ne ho fatto un argomento di un anno di docenza ai miei studenti di Verona e della Provincia Autonoma di Trento. E’ passato un po’ di tempo.
Ma alla luce dei drammatici eventi del momento a partire dagli attentati di Paris del 7 e 9 gennaio alla libertà di espressione con l’uccisione a Charlie Hebdo e Iper kasher e di ieri 14 febbraio a Copenaghen ad opera di giovani immigrati della seconda generazione, rimango fermamente coinvinto della necessità e dell’urgenza di riprendere seriamente, senza tentennamenti e senza inerzia la grande questione della MEDIAZIONE LINGUISTICO-INTERCULTURALE non solo per comprendere le dinamiche e le geografie e storie delle seconde generazioni, quanto come uno strumento per sciogliere dei nodi, dei problemi che in fin dei conti sono dei conflitti sommersi. Conflitti di tipo identitario piuttosto combattuti ma non sciolti e che a lungo andare si trasformano in frustrazioni portando questi giovani, figli di immigrati nati in Europa a cercare soluzioni ai loro problemi altrove diventando perfino degli addetti al terrore purtroppo. Mi meraviglio molto del fatto che i media, i governanti e i politici non si pongano questi interrogativi. Non ci si chiede come mai questi giovani si fanno facilmente reclutare dai fantomatici “salvatori” dello stato islamico. Perché proprio questi giovani che purtroppo si isolano nelle periferie delle aree metropolitane si entusiasmano degli appelli di questi killers? Già, sono dei giovani nati in Europa, figli di immigrati che vivono ai margini, cioè nelle zone periferiche (spesso sprovviste del necessario indispensabile per un istruzione scolatica adeguata e per un educazione ai valori ed ideali sanciti dalle costituzioni europee come centri studi, biblioteche, sale lettura, sala laboratori artistici e culturali, sale ricreative ecc.. Le domande sarebbero infinite riguardo queste tragedie del nostro tempo. Ma quello che io ho potuto cogliere tenendo conto delle mie lunghe esperienze come mediatore e docente di tecniche di mediazione di conflitto e di comunicazione nelle scuole, nei sindacati dei lavoratori e presso centri di accoglienza rifugiati e nelle Istituzioni si limita a questa semplice considerazione: TANT VAUT LA CULTURE, TANT VAUT LA NATION. In questo senso la cultura a cui devono necessariamente accedere in modo sostanzioso i ragazzi della seconda e terza generazione non è quella nozionistica, ma quella basata sulla conoscenza delle regole fondamentali della convivenza civile, ossia principi, gli ideali che hanno fondato costituzionalmente la società europea e continuano a dare il senso di cittadinanza ad ogni membro di questa comunità. L’appello alla repressione e alle armi contro gli sciagurati terroristi servono, ma non bastano. Occorre inescare un meccanismo nuovo. Insegnare, educare le persone e i giovani in particolare alla Memoria delle nazioni europee dove ci si viene a trovare o a nascere, ma che sia la memoria fatta di geografie e storie culturali, ma degli Archè, principi, ideali conquistati a cari prezzi (Vedi la Rivoluzione Francese, le costituzioni postbelliche, il maggio’ 68). In questa maniera si passano a questi ragazzi sottraendoli agli abbracci crimonogeni e mortali dell’is e dei terroristi dell’Is e del boko haram, il gusto, la passione e la fierezza di appartenere ad un paese europeo (con i suoi alti, bassi e contraddizioni) di cui sono cittadini alla stregua di tutti gli altri.Naturalmente bisogna che questi valori della Libertà di espressione, di pensiero, di stampa, della fratellanza universale e della uguaglianza (Liberté, Egalità e Fraternité) e i personaggicome Voltaire, Didérot ecc… grazie ai quali l’affermazione di tali valori siano stati consolidati nei secoli facciano parte del bagaglio culturale personale del mediatore interculturale/mediatrici perché ne possa parlare (possibilmente in tante lingue se si è poliglotta) con forte convinzione e autorevolezza necessaria, bisogna che essi siano altresi’ alla base dell’agire dei governanti e dei dirigenti di questi paesi (anche nel mondo della scuola e delle università). Se per un motivo o l’altro si continua a tagliare delle risorse al mondo della cultura, della formazione, dell’educazione e a ridurre il ruolo della mediazione linguistico interculturale a qualcosa di superfluo ed inutile si continuerà ad avere giovani che non si sentono nessuno e dunque autorizzati alla ricerca delle loro identità altrove, poi diventare quelli che sono agli di tutti oggi, cioè criminali formati per distruggere e disintegrare le sorti delle nazioni che prima gli ha anche riconosciuto il diritto alla cittadinanza. Che beffa!
Per inciso le mie molteplici esperienze in questi anni in campo della Mediazione mi hanno insegnato molte cose a riguardo. Proprio per questo mi sono messo davanti al computer per formulare queste due righe. Il tempo urgente. Faccio un appello alle Istituzioni e ai centri formativi e scolastici perché ritornino a richiamare la Mediazione come formazione didattica ad una presa di coscienza civile e vigile dei ragazzi dei valori cardini dell’intera società europea in cui vivono e nelle quali possono maturare le loro personalità ed acquisire capacità e competenze da spendersi durante l’esistenza da uomini/donne e da cittadini senza dover abbracciare le armi con le ombre del terrore. Qui va di mezzo la dignità di un singolo cittadino e l’orgoglio di una nazione che debba saper effondere questa cultura della consapevolezza dei suoi valori costitutivi fondata sul rispetto e sulla Libertà e sulla laicità come spazio che tutela e garantisce ogni abitante del suo territorio.
Abdicare a questo significa per una nazione, rinnegare alla propria essenza.